E poi arriva il giorno che si cede allo smartphone..

di Fabio Sabbi 12/12/2016 SCIENZA E TECNOLOGIA
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Ho scritto tempo fa di connessioni infelici citando dati di alcune ricerche che evidenziavano come l’uso degli smartphone stesse rendendo le persone praticamente quasi private dell’utilizzo di un braccio; oggi, doverosamente, mi sento incaricato di scriverne da novello fruitore avendo il mio vecchio, caro telefono cellulare normale smesso di funzionare e constatando che sul mercato di simili oltre a non esisterne più quei pochi che permangono sembrano relegati lì quasi in virtù di un sentimento di pietà per dinosauri nostalgici o semi incapaci alla tecnologia. Poi a dirla tutta per il mio lavoro effettivamente le caratteristiche di uno smartphone sarebbero state già da tempo immemore utilissime o forse quasi necessarie se non mi fossi ostinato a respingerle più per pigrizia che per idealità.

Questo significa che abbia cambiato idea sugli smartphone e la nuova cultura che perseverano a propugnare? No, lo ribadisco, confermo e sostengo senza esitazioni, ma che sia rimasto immune dalla trappola dell’arnese, anche per i pochi giorni in mio possesso, devo ammettere e confessare un’amara sconfitta.

E’ più forte di noi, ammettiamolo. Più forte di noi sentirci collegati ed indipendenti, mai persi, sempre in grado di rispondere ad una domanda, sempre sul punto di poter balzare da un capo all’altro del mondo. “Cittadini del mondo” anche in una stanza, in una strada, magari in bagno.

Lo smartphone diviene rapidamente un familiare come lo fu per i primi cellulari, solo in maniera più pervasiva, affettiva, disponibile, esaltante.

Se sei solo per la strada pare quasi che tu non abbia bisogno di nessuno, magari neppure di una chiacchiera, mai e poi mai chiederesti più un’informazione, puoi anche fregartene delle insegne e dei volti di un locale  se puoi scegliere il miglior caffè semplicemente compulsando due tasti.

Proprio quello che ci voleva, mi dico, in una comunità scomunicata come la nostra, dove da soli già siamo stati in grado di seminare folte distese di deserti.

Certo ci aiutarono prima la deliziosa radio, poi l’amatissima tv, i cari telefoni a filo, ma ora abbiamo il mondo in una mano!

Non sono certo matto a dire che rinuncerei a tutto questo né che lo condannerei. Lo uso, mi ci trovo, mi ci beo, solo che non posso non ammettere che entrare sempre più rapidamente nella cerchia degli inebetiti dalla libertà ergastolana è cosa talmente facile da rendere tanto più ridicoli e amari.

Forse ho il mondo in una mano, ma ho più paura che mi cada quello a terra che non io dentro un fosso, un fosso pieno di gente come me che pensa di volare e che forse un giorno, solo con la batteria scarica, alzerà la testa per cercare un volto, o forse una presa.

Durissimo? Sì, ma è così, inutile raccontarsi favole, e poi io, ora con il mio smartphone mi sento un po’ più frizzante, talvolta allegro, sorridente, spesso spento a fissare che parli questo mio nuovo amante.

Dal Blog A.B.C. - Aiuto per la Bonaria Composizione delle Controversie


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